UBS: 500 mln $ per chiudere il contenzioso di Credit Suisse
Credit Suisse Services, ora parte del gruppo UBS, ha accettato di pagare oltre 510 milioni di dollari per chiudere due importanti inchieste fiscali negli Stati Uniti, ha comunicato lunedì il Dipartimento di Giustizia (DOJ).
L’accordo prevede una dichiarazione di colpevolezza per aver aiutato contribuenti statunitensi a nascondere miliardi in conti offshore svizzeri e un patto di non perseguimento per comportamenti simili a Singapore.
Beni non dichiarati
L’accordo di patteggiamento chiude una vicenda iniziata ben prima che UBS acquisisse il suo travagliato concorrente. Credit Suisse ha ammesso di aver aiutato clienti americani a nascondere oltre 4 miliardi di dollari in almeno 475 conti non dichiarati in Svizzera e più di 2 miliardi di attività statunitensi non dichiarate registrate a Singapore — anche dopo che la banca aveva concluso un patteggiamento con il DOJ nel 2014, impegnandosi a rispettare pienamente le normative fiscali statunitensi.
Nel gennaio 2025, indiscrezioni pubblicate dal «Wall Street Journal» avevano lasciato intendere che UBS potesse trovarsi a fronteggiare un accordo con il DOJ superiore al miliardo di dollari per queste vicende ereditate (come riportato da finews.ch). La possibilità di una risoluzione imminente era stata ampiamente diffusa pochi giorni prima del cambio di amministrazione negli Stati Uniti, alimentando ipotesi su un’iniziativa legale dell’ultimo minuto da parte dei funzionari uscenti.
Accordo meno oneroso
A quanto pare, quelle indiscrezioni erano esagerate. L’esito finale – 511 milioni di dollari – è inferiore alle previsioni più pessimistiche. La somma comprende 371,9 milioni legati a violazioni avvenute in Svizzera e 138,7 milioni relativi a Singapore.
Due fattori potrebbero spiegare l’entità di questo accordo decisamente meno oneroso. Primo, le voci di gennaio precedevano l’insediamento della nuova amministrazione statunitense, che potrebbe aver adottato priorità diverse in materia di enforcement. Secondo, con l’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS, l’interesse a perseguire singoli ex dirigenti della banca potrebbe essere venuto meno.
Condotte illecite fino al 2021
La dichiarazione di colpevolezza conferma che Credit Suisse ha violato i termini dell’accordo del 2014. All’epoca, l’intesa era stata difesa davanti al Congresso degli Stati Uniti dal General Counsel Romeo Cerutti, il quale aveva garantito un impegno rigoroso sul fronte della compliance, e aveva mantenuto la guida del dipartimento legale di Credit Suisse fino all’aprile 2022.
Tuttavia, il Dipartimento di Giustizia afferma ora che i banchieri di Credit Suisse hanno continuato ad aiutare cittadini americani a evadere il fisco, anche attraverso la creazione di documenti falsi di donazione e la falsa rappresentazione dei titolari dei conti, almeno fino al 2021.
Il link con Singapore
Tra i fondi statunitensi non dichiarati figurerebbero anche somme riconducibili al miliardario georgiano Bidzina Ivanishvili, che ha avviato un contenzioso separato contro Credit Suisse per presunta frode a Singapore.
UBS ha sottolineato di non essere coinvolta nelle condotte illecite e ha ribadito la propria politica di «tolleranza zero» nei confronti dell’evasione fiscale. La banca prevede di contabilizzare in questo trimestre un credito come parte di un rilascio di passività potenziali derivanti dall'acquisizione di Credit Suisse, pur dovendo registrare anche un onere legato alla risoluzione dell'accordo.
Implicazioni finanziarie non chiare
Dal comunicato della banca non è ancora chiaro quale sarà l’impatto finanziario netto di questi due elementi.
UBS ha registrato un utile netto di 1,8 miliardi di dollari nel primo trimestre del 2025, come riportato da finews.ch. Alla fine di marzo, UBS aveva accantonato 1,32 miliardi di dollari per contenziosi, questioni regolatorie e simili nell’ambito del wealth management, una cifra leggermente superiore rispetto al trimestre precedente (1,27 miliardi).



