Andrea Orcel pronto ad abbandonare dossier Banco Bpm
Dopo mesi di schermaglie e trattative, il Ceo di Unicredit Andrea Orcel lascia intendere che l’opa su Banco Bpm potrebbe naufragare. Accuse incrociate, interferenze politiche e scenari in movimento mettono a rischio una delle più ambiziose operazioni di consolidamento bancario in Italia.
Tra dichiarazioni pubbliche e messaggi in codice, la lunga trattativa tra Unicredit e Banco Bpm pare essersi arenata. L’offerta pubblica di scambio lanciata da Unicredit si trova ormai su un binario morto e Andrea Orcel, numero uno della banca, sembra sempre più incline a tirarsi indietro.
Il tono usato da Orcel nell’intervista rilasciata a «La Repubblica» è inequivocabile: «Abbiamo fatto e continuiamo a fare di tutto, ma se non riusciremo a risolvere, come probabile, ci ritireremo». Il manager ha ribadito che la strategia della banca non dipende dalle acquisizioni, bensì da un processo di trasformazione continua.
Focus su Commerzbank, ma il nodo è politico
Anche il dossier Commerzbank resta sul tavolo: un’operazione che porterebbe Unicredit a rafforzarsi in due mercati chiave come Germania e Austria, con un target clientele affine a quella di Banco Bpm. Ma è evidente che il vero nodo è politico.
Orcel accusa apertamente il Governo italiano di aver ostacolato il progetto con l'applicazione del Golden Power, strumento pensato per proteggere asset strategici nazionali. Secondo l’ad, si tratterebbe di «un peccato per l’Italia», vista la natura profondamente italiana di Unicredit, pur nella sua veste paneuropea.
L’affondo su Mps e il ruolo della Consob
Le tensioni con l’esecutivo si acuiscono anche per la gestione della cessione della quota pubblica in Mps. Orcel rivela di aver segnalato a Consob presunte irregolarità nell’operazione, sottolineando che il gruppo Anima ha acquistato azioni di Mps mentre Banco Bpm era formalmente sotto passivity rule.
A rincarare la dose, la denuncia del fatto che Banco Bpm avrebbe partecipato all’acquisto tramite la controllata Banca Akros, rafforzando così l’impressione di un’operazione gestita in modo poco trasparente.
Banco Bpm valuta già un piano B
Sul fronte Banco Bpm, le parole di Orcel sono state accolte con cautela. Secondo alcuni osservatori, si tratta di una mossa negoziale, utile per alzare la posta. Ma se Unicredit si ritirasse davvero, Banco Bpm sarebbe costretta a ripensare completamente la propria strategia.
Il presidente Massimo Tononi ha dichiarato che, in tal caso, «ci guarderemo intorno e valuteremo» altre opzioni, ricordando che la banca è sotto passivity rule e che una sua caduta riaprirebbe le danze per nuovi scenari di consolidamento.
Credit Agricole osservato speciale
La presenza sempre più ingombrante di Credit Agricole – salito difensivamente al 20% del capitale – impensierisce non poco il management e i sindacati. Fra i dipendenti del Banco Bpm, è diffuso il timore che l’ingresso dei francesi possa trasformarsi in un’acquisizione poco gradita.
Il ricordo di esperienze passate – Creval e Credito Siciliano su tutte – pesa sull’immaginario collettivo e alimenta la preferenza verso una soluzione «italiana», incarnata da Unicredit, nonostante tutte le sue difficoltà.
Consolidamento, ultima chiamata per il secondo polo
Il fallimento dell’operazione avrebbe effetti significativi sullo scenario bancario nazionale. Chi resterà fermo rischia di essere relegato al ruolo di terzo o addirittura quarto polo bancario, un’eventualità difficile da accettare soprattutto per Unicredit.
Per entrambe le banche, la partita resta ancora aperta, ma il tempo stringe. E, forse, questa è davvero l’ultima occasione per costruire un’alternativa credibile al duopolio Intesa–Mediobanca.