Sergio Ermotti, CEO di UBS: «Il risiko bancario non è finito»
Di Maria Chiara Consoli, redattrice di finewsticino.ch a Milano
«In Italia – ha spiegato Sergio Ermotti – abbiamo visto alcune operazioni rilevanti e sono convinto che ne vedremo ancora. C’è spazio e bisogno di creare ulteriori grandi player, con la creazione di un terzo o quarto polo bancario».
Il Ceo di Ubs conosce bene il mercato italiano, sia per il suo passato in Unicredit sia per il ruolo di Ubs come advisor in diverse operazioni.
«Siamo stati vicini a Mps dal 2014 in qualità di advisor, con l’aumento di capitale, e poi nel 2022. Vedere il percorso di rafforzamento della banca è stato importante. Siamo contenti di aver contribuito alla creazione di valore per gli azionisti, anche grazie all’ottimo lavoro del Ceo Luigi Lovaglio», ha aggiunto Ermotti in un’intervista a «Il Sole 24 Ore».
L’appello a Berna: «Norme proporzionate e competitive»
Il Ceo di Ubs ha poi rivolto un chiaro messaggio alle autorità svizzere. «È giusto rivedere alcune parti della regolamentazione svizzera e adattarle alla luce di quanto accaduto con Credit Suisse», ha detto, «ma le proposte del governo sui requisiti di capitale sono sproporzionate rispetto alla lezione della crisi e non allineate agli standard di Basilea III».
Secondo Ermotti, un irrigidimento eccessivo metterebbe a rischio la capacità del sistema bancario elvetico di restare competitivo a livello internazionale.
«Un aumento dei requisiti metterebbe a rischio l’economia reale»
Pur mantenendo un tono prudente, Ermotti ha espresso preoccupazione per le conseguenze economiche delle nuove regole. «Aumentare i requisiti del 50 percento rispetto ai concorrenti significherebbe non poter offrire un ritorno accettabile agli azionisti», ha osservato.
«Ci sarebbero due effetti possibili: o un aumento dei costi per prestiti e prodotti bancari, con ricadute sull’economia reale, oppure tagli significativi ai costi, con impatti sociali. Capisco che c’è un prezzo da pagare, ma oltre una certa soglia l’impatto sul business diventerebbe inaccettabile».
«Ubs e la Svizzera si rafforzano a vicenda»
Riguardo all’ipotesi di un eventuale trasferimento della sede di Ubs all’estero, Ermotti ha preferito non sbilanciarsi. «Ubs beneficia della Svizzera e la Svizzera beneficia di Ubs», ha sottolineato.
«Paghiamo imposte significative, impieghiamo circa 30.000 persone e un terzo della popolazione svizzera ha rapporti con noi. È una combinazione vincente che vogliamo difendere».
Il gruppo, ha precisato, punta a una soluzione coerente con gli standard internazionali che consenta di restare competitivi come banca globale.
Dividendi e buyback restano confermati
Il Ceo ha assicurato che le nuove regole non influiranno sulla remunerazione degli azionisti. «La nostra strategia prevede un incremento graduale dei dividendi in contanti negli anni, accompagnato da buyback», ha spiegato Ermotti.
«Le autorità di vigilanza hanno confermato che, nonostante le nuove richieste, ci sarà tempo per accumulare capitale senza compromettere la politica di remunerazione».
Integrazione con Credit Suisse quasi completata
Sullo stato dell’integrazione con Credit Suisse, Ermotti ha mostrato ottimismo. «Dal punto di vista del rischio di integrazione, molto è già stato fatto», ha dichiarato.
«Resta il rischio operativo legato alla migrazione dei clienti in Svizzera, ma sono fiducioso. All’estero l’integrazione è ormai conclusa, mentre nel Paese siamo circa a metà. Contiamo di completare il processo entro il primo trimestre del 2026, quando anche le strutture informatiche saranno pienamente integrate».
Un messaggio di fiducia
«Siamo molto soddisfatti del progresso compiuto», ha concluso Ermotti.
«Ubs continuerà a rafforzare la propria posizione globale, restando fedele alle proprie radici svizzere e contribuendo alla stabilità e alla crescita del sistema finanziario».