ASG 2025: Le tre forze che stanno trasformando le imprese
Dell'inviato Giorgio Armandola, pubblicista italiano di finewsticino.ch
Preceduta da un saluto del Presidente dell’Associazione Svizzera di Gestori Patrimoniali (ASG), Serge Pavoncello, la discussione si è sviluppata attorno all’intervento di Josef Nierling, Amministratore Delegato di Porsche Consulting in Italia, intervistato da Lino Terlizzi, storico volto e firma di «RSI» e «Corriere Del Ticino» in tema di economia.
Nierling, con una laurea in ingegneria e trascorsi in Harvard Business School, Columbia Business School ed MIT, e grazie alla sua variegata esperienza, incarna l’integrazione tra la componente tecnologica e la visione strategica dei processi aziendali.
Dal suo discorso sono emersi in particolare tre punti chiave del cambiamento in corso: una profonda trasformazione tecnologica, un’altrettanto profonda transizione energetica – caratterizzata anche da un problema di scarsità delle risorse – e una mutabilità del contesto geopolitico globale con pochi precedenti nel passato recente.
Al termine dell’evento, finewsticino.ch ha potuto approfondire alcuni argomenti con il dott. Nierling:
Come può il management affrontare le sfide geopolitiche, legate a fattori fuori dal suo controllo, e, soprattutto, oggi dispone degli strumenti necessari?
I fattori politici, locali e globali, ci sono sempre stati. Nel passato però incidevano con meno frequenza, venivano percepiti dal management aziendale come inaspettato disturbo alla propria strategia, in quanto avevamo vissuto decenni di relativa stabilità.
Oggi invece ci troviamo in una fase di trasformazione multidimensionale. Pensiamo agli impatti locali degli accordi di riduzione del personale nelle numerose aziende che si stanno ristrutturando, spesso per colpa o per merito della tecnologia.
Oppure, pensiamo alle pressioni del comparto farmaceutico svizzero: chiamato ad investire negli USA nel negoziato sui dazi, minacciato dagli stessi di nuove politiche di prezzo, sfidato dall’accelerazione innovativa cinese.
Di rado i leader d’azienda possono influenzare questi fattori, ma sicuramente devono imparare a comprenderli e integrarli appieno nella guida dell’azienda: devono considerare gli interessi della leadership politica, locale e globale, come forze competitive nel loro modello di business. È una nuova e importante skill aziendale.
Gli accordi di libero scambio e il progresso tecnologico possono favorire uno sviluppo inclusivo o rischiano di escludere alcune economie?
Oggi i dazi sono un’espressione «muscolare» delle relazioni commerciali. Il mio auspicio è che si rimetta in focus democrazia, diplomazia, e la responsabilità sociale accoppiata al libero mercato. Non leggo dunque i due fenomeni di cambiamento come divergenti, ma al contrario sinergici.
Le istituzioni devono sostenere lo sviluppo tecnologico, e massimizzarne i vantaggi. Le tecnologie permettono maggiori servizi ai cittadini, dalla sanità all’educazione, ma anche permettono di far crescere l’economia, che finanzia poi il sistema di welfare sociale.
Pensiamo ad esempio al settore automotive, che genera 13,2 milioni di posti di lavoro, incide per il 6,8% dell’occupazione europea e contribuisce con 383,7 miliardi di euro annui ai bilanci di stato, abbiamo dedicato uno studio a questo. Ecco perché dobbiamo concertare i due fenomeni.
Qual è la sua visione sulla transizione elettrica nell’automotive e quali vantaggi competitivi dovrebbe sfruttare l’industria europea per fronteggiare la leadership della Cina?
La transizione elettrica è in atto, con o senza spinte regolatorie. La Cina l’ha trasformata in un’opportunità strategica, accelerandola. L’industria europea è ancora in tempo per mantenere la propria leadership, ma deve agire su alcuni fattori.
In primis, accelerare i tempi di sviluppo, quasi doppi rispetto a quelli cinesi, semplificando il portfolio prodotti e focalizzandolo sulle nuove attese dei clienti. Snellire l’organizzazione interna. E infine fare sistema, collaborare, deframmentare gli investimenti.
È proprio su quest’ultimo punto che possiamo rivedere la collaborazione tra politica e imprese di cui abbiamo parlato.


