UBS verso gli Stati Uniti? Un trasloco che sarebbe un doppio schiaffo alla Svizzera
Di Maria Chiara Consoli, redattrice di finewsticino.ch a Milano
Malgrado i ripetuti «no» di Sergio Ermotti, una parte significativa dell’industria finanziaria svizzera teme che UBS possa scegliere gli Stati Uniti per aggirare la stretta patrimoniale annunciata dal governo.
Secondo stime diffuse negli ambienti regolatori, le nuove regole costringerebbero la banca a dotarsi di circa diciotto–ventisei miliardi di dollari di capitale aggiuntivo – un onere che il gruppo considera insostenibile e pericoloso per la propria competitività.
Lezioni amare dalla caduta di Credit Suisse
Il collasso di Credit Suisse resta un monito: anni di cattiva governance, scandali ripetuti e una gestione del rischio largamente insufficiente hanno prodotto un mix letale di leva, opacità e improvvisazione. Il coinvolgimento nei disastri di Greensill Capital e Archegos Capital ha evidenziato una deriva culturale profonda.
Eppure, la possibile destinazione di una «UBS americana» è proprio un mercato dove quelle stesse fragilità – che in Svizzera hanno portato all’implosione di Credit Suisse – rischiano di diventare normalità.
La deregulation made by Trump
L’amministrazione Trump sta preparando una revisione radicale delle regole prudenziali:
- la Fed sta valutando un allentamento del coefficiente di leva finanziaria supplementare (eSLR);
- gli aumenti patrimoniali previsti da Basilea III, stimati in una crescita del 16% dei requisiti per le banche più grandi, potrebbero venire quasi azzerati;
- la vigilanza sugli aspetti non legati direttamente a capitale e liquidità – come governance e controlli interni – potrebbe essere ridimensionata.
In sintesi: ciò che in Svizzera è stato condannato come un fallimento sistemico potrebbe diventare normativa permissiva negli Stati Uniti.
Il paradosso per gli svizzeri: il danno e la beffa
Per i cittadini svizzeri, lo scenario sarebbe un’amara ironia: il campione nazionale, sinonimo di prudenza e disciplina, potrebbe trasferirsi in un mercato molto più tollerante verso la leva, l’arbitraggio regolamentare e la debolezza dei controlli.
Il tutto dopo che il contribuente elvetico ha già sostenuto un salvataggio dal costo potenziale di circa 100 miliardi di franchi. Un esito che suonerebbe come una seconda beffa: dopo aver evitato il contagio di Credit Suisse, la Svizzera rischierebbe di assistere a un UBS che imbocca proprio la stessa china.
L’Europa come occasione mancata
Colpisce anche che UBS, nel valutare la propria futura sede, ignori l’Europa. Dal 1° gennaio 2024, l’Unione Europea (UE) applica un’aliquota fiscale minima effettiva del 15% alle multinazionali, banche comprese. Nemmeno i paesi con tassazione nominale molto bassa – come Ungheria o Irlanda – possono offrire un vero arbitraggio fiscale.
Restano inoltre fortemente penalizzanti i fattori politici: in Italia, Spagna e Francia i governi hanno introdotto o minacciano nuove imposte sugli «extra-profitti» bancari. Si tratta di quella parte del margine di interesse generata dall’ampia forbice tra il tasso riconosciuto ai depositanti (in media intorno allo zero virgola 3%) e quello ottenuto dalle banche sui depositi presso la Bce (oggi circa 2%).
La politica come bancomat
In particolare in Italia, la politica continua a percepire le banche come uno sportello Atm da cui prelevare risorse in momenti di esigenza fiscale.
Una narrativa che rende difficile immaginare il trasferimento di un grande gruppo estero in un mercato dove perfino gli istituti nazionali vivono un rapporto complicato con il legislatore.
Un bivio che pesa sull’intero ecosistema svizzero
Il potenziale trasloco di UBS non è solo una questione strategica per la banca, ma un tema identitario per l’intero settore svizzero. La combinazione tra regole più severe in patria e deregolamentazione oltreoceano crea un campo minato per la stabilità futura.
Se davvero UBS sceglierà gli Stati Uniti, la Svizzera non perderà solo una sede legale: rischierà di vedere scivolare via la sua cultura prudenziale – proprio quella che per decenni ha reso il suo sistema bancario un modello nel mondo.


