Il banchiere che non sbaglia un colpo – e tiene d’occhio Generali
Di Maria Chiara Consoli, redattrice di finewsticino.ch a Milano
Ma il manager romano non si limita a celebrare i numeri. Nella consueta conference call con gli analisti, ha tracciato le linee del prossimo futuro del gruppo – un futuro che, pur segnato da disciplina e prudenza, non chiude del tutto la porta a Generali.
Andrea Orcel ha confermato che la partecipazione in Generali – costruita durante la battaglia per il controllo della compagnia triestina e di Mediobanca – è ora in fase di smantellamento.
Una mossa di strategia
«La nostra partecipazione netta in Generali è stata ridotta drasticamente, sotto il 5%», ha dichiarato. «E ciò che resta è coperto al ribasso. Non volevamo gravare sulla società».
A chi gli chiedeva se la partecipazione fosse strategica, Orcel ha risposto con chiarezza: «Non lo è. Al momento non è qualcosa che consideriamo tatticamente importante». L’ad ha poi precisato che l’esposizione effettiva «è ormai ben al di sotto del 2%».
Profitto e tattica dietro la cessione
Dietro la riduzione della partecipazione in Generali si celano due motivazioni: una tattica e una finanziaria. Da un lato, l’obiettivo di cristallizzare i profitti; dall’altro, la volontà di mantenere libertà di manovra in vista di nuove mosse sul fronte assicurativo.
A breve, infatti, si aprirà il dossier sulla quota tra l’1% e il 3% di Generali che Banca Mps si ritrova a detenere dopo l’acquisizione di Mediobanca.
Il nodo politico e la partita sull’italianità
Il governo italiano, determinato a garantire la stabilità e l’italianità del Leone di Trieste, potrebbe spingere per una redistribuzione della quota tra soggetti «di sistema».
In questo scenario, i candidati naturali sarebbero Unicredit e Intesa Sanpaolo – gli unici istituti con spalle abbastanza larghe da acquistare una partecipazione di circa il 7% ciascuno.
Una doppia presenza garantirebbe equilibrio, evitando che una singola banca eserciti un controllo eccessivo. E faciliterebbe anche l’ingresso di fondazioni bancarie, interessate a unirsi alla Fondazione CRT nell’azionariato di Generali.
Un equilibrio di prestigio e potere
Per motivi di prestigio, nessuno dei due Ceo – Orcel e Carlo Messina – accetterebbe di detenere una quota inferiore a quella del rivale. La coabitazione tra Unicredit e Intesa, dunque, non sarebbe solo un fatto finanziario, ma anche una partita d’immagine.
Con la cessione della sua quota, Orcel ha di fatto allineato Unicredit alla posizione di Intesa, che dal 2017 detiene in Generali una partecipazione ormai puramente simbolica.
Alpha Bank e Commerzbank: due strategie diverse
Sul fronte estero, Orcel ha ribadito la fiducia nel modello «federativo» di Unicredit, che punta a espandere le sinergie operative tra le varie banche del gruppo.
«L’aumento della partecipazione in Alpha Bank – dal 9,9% al 26% – nasce da un rapporto eccellente e da una piattaforma tecnologica condivisa che ci consente di offrire servizi scalabili a 13 banche diverse», ha spiegato.
Banco Bpm? Mai dire mai
Diverso, invece, il discorso per Commerzbank: «Rimaniamo sotto la soglia per un’offerta. Con le opzioni put, abbiamo una protezione al ribasso. Le due operazioni generano non solo un miliardo di ricavi, ma anche un miliardo di utile netto, interamente distribuibile ai nostri azionisti».
Nessun riferimento diretto a Banco Bpm, ma gli osservatori notano che Orcel non ha chiuso del tutto la partita. Come in una partita a scacchi, ogni mossa è calcolata, e la ritirata – anche da Trieste – potrebbe rivelarsi solo una pausa strategica prima del prossimo attacco.


