Fabrizio Palenzona non ha fatto a tempo a insediarsi nella poltrona di Presidente della Fondazione Crt che ha già fatto capire quali siano i desideri per il futuro di Unicredit, di gran lunga la partecipazione più importante, in termini di valore, fra quelle controllate dall’ente.

In un’intervista al quotidiano «Repubblica» Fabrizio Palenzona  ha detto: «Vent’anni fa l’allora ad di Unicredit, Alessandro Profumo, mi mandò dal presidente di Bpm Bassi, per proporgli un’Opa amichevole in contanti, al doppio dei prezzi di Borsa di allora. L’idea di Profumo era di rafforzare Unicredit in Lombardia, dove c’era un deficit per la banca rispetto ad altre aree in Italia.»

«A distanza di vent’anni mi risulta che quel deficit ci sia ancora, e che quindi resti la valenza strategica dell’operazione. Detto questo conosco bene sia Andrea Orcel che Giuseppe Castagna, che sono due manager bravissimi e tocca a loro decidere le strategie di Unicredit e Bpm, non certo all’azionista».

Banco Bpm vuole ballare da sola

La notizia ha creato scompiglio il giorno dell’assemblea di bilancio di Banco Bpm, il cui ad Castagna ha ribadito che la sua banca vuole ballare da sola. «Una delle nostre priorità più importanti per i prossimi mesi sarà l’aggiornamento del nostro piano industriale su base stand-alone che, sono sicuro, riuscirà a tendere verso il miglioramento dei target recentemente annunciati», ha detto il banchiere.

La borsa da tempo scommette sulle nozze di Banco Bpm, alternativamente con Unicredit o con Credit Agricole (che ha arrotondato la sua quota in Banco Bpm a circa il 10%). Più passa il tempo e più l’operazione diviene cara. Venerdì 14 aprile un’azione Unicredit valeva oltre 5 azioni Bpm. Sette giorni dopo, venerdì 21 il rapporto si era ridotto a un’azione Unicredit per 4,2 azioni Bpm.

Caltagirone ha 1,1% Banco Bpm

Intanto, secondo quanto rivelato dal quotidiano Mf, Francesco Gaetano Caltagirone, già azionista di Unicredit con l’1% del capitale, è entrato nell’azionariato del Banco Bpm con una partecipazione dell’1,1%.

Questa mossa ha fatto aumentare l’appeal speculativo di Banco Bpm sulla scorta del fiuto dell’industriale romano per le partite bancarie e anche in considerazione che il suo braccio destro, Fabio Corsico, è stato a lungo nel consiglio della Crt.

Palenzona blandisce le Fondazioni

Le parole di Palenzona hanno impattato sui titoli coinvolti non solo per la conoscenza che ha del dossier e del legame che lo lega all’amministratore delegato di Unicredit Orcel, di cui è grande estimatore e grande elettore.

Banco Bpm è il primo socio del patto parasociale sottoscritto dalle Fondazioni e Casse previdenziali azioniste di Banco Bpm, che controlla una quota complessiva del capitale della banca pari all’8,33%. Palenzona punta anche ad essere un federatore delle fondazioni.

Un’Opa a premio su Banco Bpm renderebbe più ricche le «sorelle» presenti nel capitale di Banco Bpm ovvero Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, Fondazione Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi, Fondazione Cassa di Risparmio di Reggio Emilia, Pietro Manodori che diventerebbero inevitabilmente grandi elettori di Palenzona il prossimo anno quando si voteranno i nuovi vertici dell’Acri, l’Associazione di Fondazioni e Casse di risparmio, oggi presieduta dal numero uno di Compagnia di Sanpaolo, Francesco Profumo.

Banco Bpm non è l’unica preda

Ma Banco Bpm potrebbe non essere l’unica preda di Unicredit. Non è un mistero che Mediobanca sia da tempo nel radar e non solo di Orcel. Carlo Messina, Ceo di Intesa Sanpaolo, da tempo studia il dossier Generali.

L’idea che Unicredit in un colpo solo pareggi la sua presenza un Lombardia con gli sportelli di Banco Bpm e diventi primo socio delle Generali grazie al 13% in pancia a Mediobanca è uno scenario che non fa sorridere Messina. E che potrebbe indurlo a giocare d’anticipo e puntare su Piazzetta Cuccia. O direttamente a Trieste.

Recentemente Intesa ha deciso di trattare il rinnovo del contratto bancario sedendosi direttamente al tavolo con i sindacati e l’Abi.

Conglomerato finanziario frutto

Gli osservatori più esperti e smaliziati notano come la base di contratto proposta da Intesa ai sindacati per i propri dipendenti preveda un’orario, 9 ore lavorative per 4 giorni settimanali, e una serie di altri benefit molto simili a quelli contenuti nel contratto di lavoro degli assicurativi, appena rinnovato.

Se mai dovesse riuscire a creare un conglomerato finanziario frutto della fusione di una banca e un’assicurazione, Messina potrebbe optare per il contratto assicurativo come collante dei dipendenti della nuova creatura.