Intesa Sanpaolo si tiene fuori dai giochi – al momento…

Intesa Sanpaolo osserva da bordo campo l’attuale risiko bancario: Carlo Messina, frenato dai vincoli antitrust e convinto che il mercato sia «un casino», preferisce spingere sulla crescita organica — in particolare nel private banking — mentre resta alla finestra sugli sviluppi in casa Generali.

Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, considera silenzio e riservatezza le armi migliori per chiudere i grandi affari. I rigidi paletti antitrust ne limitano il margine d’azione, ma è soprattutto il caos di un mercato dominato da offerte ostili a sconsigliare mosse aggressive.

«Se ricordate – ha detto agli analisti presentando i conti del primo trimestre – parlai di grande confusione, dissi che c’era un casino». Un giudizio rimasto immutato.

Mercato troppo affollato

«Quello che vediamo oggi – ha aggiunto – aumenta la confusione. I nostri azionisti ci chiedono di concentrarci e accelerare su ciò che abbiamo. Non parteciperemo a un mercato già affollato: nessuno ha bisogno di un nuovo player che crei ulteriore caos».

Parlando di sé in terza persona, Messina ha ribadito che «l’amministratore delegato deve gestire l’organizzazione, non inseguire ipotesi teoriche in uno scenario caotico».

Focus sulla crescita organica

Il disordine generale diventa così un’opportunità per rafforzare la crescita interna. «Vogliamo sfruttare l’incertezza altrui e accelerare sul private banking: nel trimestre abbiamo inserito 150 banker provenienti da concorrenti», ha spiegato.

I numeri confermano la leadership di Intesa Sanpaolo nel wealth management: circa 17.000 consulenti diventeranno 20 000 entro il 2027; 900 miliardi di raccolta diretta e risparmio amministrato alimentano un business da 1.400 miliardi in masse totali.

L’incognita Generali

Esclusa dalla giostra delle fusioni bancarie, Intesa resta comunque un possibile game changer. Messina adotta una strategia «wait and see», puntando gli occhi su UniCredit e sulle sue mosse verso Generali, storico obiettivo anche del gruppo torinese.

Se l’offerta Mediobanca (scambio del 100 % di Banca Generali con il 13 % del Leone) andrà in porto, Generali si ritroverà con un 6,5 % di azioni proprie bloccate per 12 mesi: tempo in cui Nagel spera di venderle proprio a Intesa, pur senza poter forzare la mano.

Il rebus delle azioni proprie

Intanto Generali ha annullato 19,6 milioni di azioni riacquistate col buy-back da 500 milioni, facendo salire la quota di Delfin al 10,053 %. Restano da decidere le sorti dei titoli che arriverebbero dallo scambio con Banca Generali: molti osservatori scommettono che non verranno cancellati.

In questo scenario Intesa Sanpaolo conserva la sua posizione d’attesa, pronta a intervenire se si aprirà la finestra giusta – entro o dopo quei dodici mesi di lock-up.