Niyara Useinova: «Diritto bancario e industria: l’Italia al bivio»
Quando Antonio Serra, economista e funzionario napoletano, pubblicò il suo «Breve trattato» nel 1613, offrì uno dei primi resoconti sistematici di politica economica in Europa. Il suo argomento centrale – che la prosperità nazionale dipende dall’industria produttiva e dal commercio, e non dal semplice possesso di metalli preziosi – fu rivoluzionario per l’epoca.
Quattro secoli dopo, le intuizioni di Serra restano straordinariamente attuali soprattutto mentre l’Italia e l’Europa si sforzano di coordinare regolamentazione bancaria, crescita industriale e obiettivi di sostenibilità.
La visione di Serra di indirizzare strategicamente le risorse verso i settori produttivi offre una prospettiva preziosa per analizzare i problemi di oggi. Con le banche europee sottoposte alla duplice pressione di una regolamentazione più severa e di crescenti richieste di finanza sostenibile, l’Italia si trova all’incrocio tra governance bancaria, trasformazione industriale e resilienza economica.
Il diritto bancario come fondamento della regolamentazione italiana
Il Testo Unico Bancario (TUB) sostiene il sistema finanziario del Paese, fornendo un quadro che è stato costantemente aggiornato per allinearsi alle direttive europee.
La piena attuazione di Basilea III, insieme alla prossima Direttiva sui requisiti patrimoniali VI (CRD VI) e al Regolamento sui requisiti patrimoniali III (CRR III) previsti per gennaio 2025, stanno trasformando il modo in cui operano le banche italiane.
Le banche come indicatore sensibile
Queste normative rafforzano gli standard di capitale e di liquidità, migliorano la ponderazione del rischio e, soprattutto, richiedono alle banche di considerare i rischi ambientali, sociali e di governance (ESG) all’interno delle loro pratiche gestionali.
Per le banche italiane – da tempo considerate un indicatore sensibile della salute economica del Paese – ciò rappresenta sia una prova di resilienza sia un’opportunità di indirizzare il credito verso priorità industriali di lungo termine.
Investimento industriale nel settore bancario
L’attenzione di Serra ai settori produttivi si riflette nel recente attivismo degli industriali italiani all’interno del sistema bancario. L’investimento da 785 milioni di euro di Leonardo Del Vecchio in una quota rilevante di Mediobanca dimostra come i gruppi industriali stiano utilizzando partecipazioni azionarie per influenzare le strategie delle banche. L’obiettivo non è solo il guadagno finanziario, ma anche l’allineamento delle politiche bancarie con la crescita industriale.
La legge italiana, tuttavia, impone limiti stringenti. Ai sensi del TUB, i gruppi industriali e non finanziari sono soggetti a severe restrizioni sulla proprietà bancaria, qualsiasi partecipazione significativa deve ricevere l’approvazione della Banca d’Italia.
Questo equilibrio accurato – tra il promuovere sinergie e il salvaguardare la governance bancaria – riflette il principio di Serra secondo cui la creazione di ricchezza richiede coordinamento, e non dominio, delle risorse finanziarie da parte delle élite industriali.
Tecnologia, sostenibilità e adattamento italiano
Il settore bancario italiano si confronta anche con la discontinuità tecnologica. Le innovazioni fintech – come pagamenti digitali, blockchain e intelligenza artificiale – stanno ridefinendo le pratiche di prestito e di investimento. I regolatori devono garantire che queste tecnologie aumentino la competitività senza mettere a rischio la stabilità finanziaria.
Nel frattempo, il Green Deal europeo e i suoi strumenti, come il Meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera previsto per il 2026, pongono sfide strutturali alle industrie italiane.
Le banche avranno un ruolo chiave nel finanziare l’adattamento industriale, sostenendo sia la manifattura ad alta intensità energetica del Nord sia le piccole e medie imprese distribuite su tutto il territorio nazionale.
L’integrazione dei criteri ESG nella regolamentazione bancaria italiana garantisce che il settore finanziario partecipi attivamente agli sforzi di decarbonizzazione.
Cooperazione europea per guidare la strategia industriale
Il Green Deal europeo offre all’Italia un contesto chiaro e strategico per guidare la transizione e il rinnovamento del settore industriale. Consentendo aiuti di Stato e incentivi fiscali per le tecnologie pulite, Bruxelles mira a mobilitare capitale privato per la transizione energetica.
Per le industrie italiane – in particolare acciaio, automotive e tessile – l’accesso a queste risorse finanziarie sarà un fattore determinante per la competitività.
Confindustria, la principale associazione imprenditoriale italiana, ha già collaborato con l’Associazione bancaria italiana per elaborare linee guida destinate alle imprese in momentanea difficoltà finanziaria, consentendo la sospensione dei prestiti senza mettere a rischio la stabilità del sistema finanziario.
Queste iniziative collaborative, sostenute da enti come SACE e il Fondo di garanzia per le PMI, sono fondamentali per mantenere la continuità industriale durante la transizione.
L’attualità della lezione di Serra
Le attuali sfide dell’Italia richiamano l’analisi di Antonio Serra del XVII secolo. Il suo invito a un’allocazione strategica del capitale verso l’attività produttiva assume nuova rilevanza mentre il Paese cerca di bilanciare prudenza bancaria con rinnovamento industriale ed ecologico.
Il futuro dell’economia italiana – e, per estensione, di quella europea – dipenderà dalla capacità di banche, imprese e regolatori di collaborare in armonia. Se il diritto bancario garantisce stabilità e la strategia industriale indica la direzione, la lezione di Serra rimane chiara: solo il loro allineamento può creare una prosperità duratura.
Niyara Useinova è una consulente internazionale presso la Camera di Commercio Italo-Araba con sede in Italia, dove opera all’intersezione tra commercio internazionale, governance globale, geoeconomia e cultura. Con una formazione in relazioni internazionali e diplomazia, fa da ponte tra il mondo degli affari pubblici e la diplomazia economica. Ha ricoperto in precedenza ruoli di leadership amministrativa presso Art Jed St. Moritz.
È titolare di un Master in Relazioni Internazionali e Diplomazia rilasciato dall’International Institute di Ginevra e possiede certificazioni in finanza sostenibile per il futuro conseguite presso l’Università di Zurigo (UZH). La sua attività è guidata da una visione multidisciplinare e da un impegno per una governance inclusiva e orientata al futuro.