Mediobanca: duello il 16 giugno 2025

l cda di Piazzetta Cuccia convoca i soci per approvare l’operazione con Banca Generali, ma il fronte degli azionisti ribelli – guidato da Francesco Gaetano Caltagirone e dalla holding Delfin – è pronto a giocarsi la partita voto su voto sul futuro dell’istituto.

La prossima assemblea di Mediobanca, fissata per lunedì 16 giugno, promette di essere la più combattuta nella storia recente dell’istituto: sul tavolo c’è il via libera all’offerta con cui il cda intende cedere a Generali il suo 13 % del Leone in cambio del 100 % di Banca Generali.

Il presidente-direttore generale Alberto Nagel scommette sulla piena integrazione dell’istituto private nel perimetro di Piazzetta Cuccia, ma quell’operazione ha risvegliato appetiti e veti incrociati che rischiano di trasformare la riunione in un referendum sulla governance stessa di Mediobanca.

Con una partecipazione attesa intorno all’80 % del capitale, la soglia aritmetica per la maggioranza scivola al 41 %. Al momento, il blocco «dissidente» di Francesco Gaetano Caltagirone (quasi 10 %) e Delfin (19,8 %) sfiora il 30 %, lasciando da colmare un ulteriore 11 %: una partita che si giocherà sui pacchetti dei fondi internazionali e dei soci storici, dai Benetton alle casse previdenziali.

I numeri dello scontro

Non mancano variabili in grado di stravolgere i calcoli della vigilia. Vanguard (2,7 %) e Norges Bank (1,4 %), che hanno appoggiato l’aumento di capitale di Mps a servizio dell’Opas su Mediobanca, dovrebbero votare contro l’operazione. Il fronte a favore, invece, confida nell’eventuale intervento in extremis di UniCredit, ove la banca milanese decidesse di presentarsi e schierare le sue azioni.

Caltagirone ha intanto chiesto a Consob di rinviare l’assemblea, denunciando «l’assoluta incompletezza delle informazioni» sull’operazione. Se l’authority accogliesse l’istanza, il calendario della sfida verrebbe riscritto di colpo: un’arma procedurale che Delfin appare tentata di impugnare, pur temendo – a differenza del costruttore romano – le conseguenze di un’eventuale contestazione del concerto.

Nodo concerto: Delfin sotto pressione

Per il family office della famiglia Del Vecchio, guidato da Francesco Milleri, l’accusa di coalizione con Caltagirone equivarrebbe a un fulmine a ciel sereno: la Bce potrebbe sospendere i diritti di voto o, nella peggiore delle ipotesi, imporre la dismissione delle quote eccedenti. Uno scenario che i numerosi eredi dell’ottico non intendono correre, più attenti alla preservazione del patrimonio che alle schermaglie di governance.

Da qui l’ipotesi, sempre più insistente, di un’astensione strategica di Delfin: un colpo di scena che lascerebbe Caltagirone isolato e offrirebbe a Nagel un’autostrada verso la vittoria. Del resto, l’ad di Mediobanca può rivendicare di aver rispettato la «passivity rule», resasi necessaria dopo l’Opas di Mps, e di aver fornito al mercato tutta la documentazione sull’operazione con Generali.

Gli scenari post‑voto

Se la mozione passasse, Mediobanca procederebbe allo scambio con Generali: il private banking di Banca Generali verrebbe fuso nell’universo di Piazzetta Cuccia, mentre Nagel – secondo i rumor – potrebbe cedere le redini operative a Gian Maria Mossa, attuale ceo di Banca Generali, riservandosi la presidenza esecutiva. Un programma di successione morbida che rassicurerebbe mercato e autorità.

In caso di sconfitta, invece, il banchiere milanese sarebbe chiamato a prenderne atto, aprendo la strada a una stagione di incertezza su strategie, leadership e assetti azionari. E c’è chi scommette che il primo effetto sarebbe il riaccendersi del dossier Mps, con nuovi equilibri tutti da disegnare.

Mercato in fibrillazione

In Borsa, il titolo Mediobanca ha già scontato parte della tensione, oscillando ai massimi pluriennali sulle ipotesi di razionalizzazione del portafoglio e di aumento dei dividendi. Ma gli analisti avvertono: molto dipenderà dal prezzo implicito attribuito a Banca Generali e, soprattutto, dalla capacità del prossimo vertice di integrare culture e modelli di business assai diversi.

Gli investitori istituzionali chiedono chiarezza sui multipli di valutazione e sui piani di capital allocation post‑deal: temi che potrebbero diventare, più dei personalismi, il vero ago della bilancia nell’assemblea più attesa dell’estate finanziaria italiana.