Il Governo vuole mettere ordine nelle Generali

 Di Maria Chiara Consoli, redattrice di finewsticino.ch a Milano

Archiviata la contesa su Mediobanca, con il successo di Monte dei Paschi di Siena (Mps), i riflettori si spostano ora sulle Generali. Il tema ruota attorno alla quota del 13,2% dell’assicuratore triestino detenuta dalla merchant bank milanese.

Luigi Lovaglio, amministratore delegato di Mps, ha già manifestato apertura verso una possibile cessione. Ma la regia effettiva – più politica che tecnica – sarà nelle mani del Governo, che attraverso il controllo di Mps esercita un’influenza determinante su Mediobanca e, indirettamente, sulle Generali.

Il ruolo decisivo dell’Esecutivo

Secondo molti osservatori, la presenza del Governo tra gli «assedianti» di Mediobanca è stata decisiva per l’esito dello scontro. Non pochi ex azionisti avrebbero accettato l’offerta di vendita più per il «dividendo politico» che per la valutazione finanziaria.

L’Esecutivo non intende riscrivere la governance delle Generali, ma vuole garantire che la compagnia resti saldamente in mani italiane, al riparo da appetiti esteri. L’obiettivo è trovare nuovi soci capaci di bilanciare le ambizioni di Delfin e di Francesco Gaetano Caltagirone, oggi i due principali azionisti privati del Leone.

La partita delle banche e delle fondazioni

Il piano più accreditato prevede la cessione della quota ex Mediobanca a una o due banche, affiancate da alcune fondazioni bancarie. I nomi in campo sono quelli di Intesa Sanpaolo e Unicredit.

Per ora, però, la situazione è fluida: Unicredit, reduce dalle tensioni con il Governo dopo il fallito tentativo su Banco Bpm, ha smontato la propria posizione in Generali. In Intesa, invece, prevale cautela: si teme l’intervento dell’Antitrust e non convince l’idea di entrare come azionista di minoranza.

L’ambizione di Messina e il nodo Antitrust

Carlo Messina, numero uno di Intesa Sanpaolo, sogna da anni le Generali. Nel 2017 il progetto d’acquisto fu bloccato dall’opposizione della Compagnia di Sanpaolo, oggi il suo secondo maggiore azionista.

Se però le fondazioni venissero coinvolte nel piano di stabilizzazione delle Generali, la situazione potrebbe cambiare: la Compagnia di Sanpaolo difficilmente potrebbe sfilarsi, e l’investimento diventerebbe più attraente anche per Intesa.

Le fondazioni tentate dal Leone

Le fondazioni bancarie guardano con favore a un investimento nelle Generali. Il rendimento stabile garantito da cedole e buyback negli ultimi anni rappresenta un’opportunità di lungo periodo.

E se l’operazione avesse anche l’avallo del Governo, le fondazioni avrebbero un motivo in più per spostare i capitali da iniziative locali verso un investimento strategico per il Paese.

Sironi e Donnet sotto osservazione

Resta aperta la questione della leadership del Leone. Il presidente Andrea Sironi e l’amministratore delegato Philippe Donnet, in carica da soli sei mesi, si ritrovano con i due principali azionisti – Delfin e Caltagirone – che avevano votato contro di loro.

Al momento, non sembrano esserci spinte per un cambio ai vertici, ma i nuovi equilibri richiedono prudenza. Tra le prime mosse attese, lo smantellamento dell’accordo con i francesi di Natixis sull’asset management, per evitare tensioni con Roma e fughe di capitali all’estero.

Una transizione da gestire con equilibrio

La cosiddetta way out dall’accordo con Natixis costerà circa 50 milioni di euro, ma servirà a rassicurare il Governo e a consolidare la posizione italiana delle Generali.

La transizione, a Trieste, dovrà essere ordinata e controllata. E il ticket Sironi-Donnet sembra avere le competenze e la credibilità necessarie per gestirla con equilibrio.