Credit Suisse sta attraversando uno dei periodi più difficili della sua lunga storia iniziata nel 1856. Nell’intervista a finewsticino.ch, André Helfenstein spiega come il responsabile dell'unità svizzera della banca affronta questa situazione complessa e dove è più urgente intervenire.


Signor Helfenstein, quali sono i suoi sentimenti in questo periodo turbolento che sta scuotendo Credit Suisse?

È un momento impegnativo, e a volte mi pesa. Tuttavia, ho la fortuna di avere alcuni collaboratori che mi ricordano costantemente la realtà dei fatti, ovvero che in quasi 30 anni di attività costellata di successi un paio d'anni difficili sono pressoché inevitabili.

E come percepisce l'umore generale all'interno dell'entità Svizzera? Cosa dicono le voci dei collaboratori?

I nostri team dimostrano una buona coesione. Molti sono orgogliosi del fatto che in Svizzera si stia lavorando così bene. Questo mi dà la fiducia che collaborando potremo uscire più forti dalle attuali difficoltà. Ma l'umore spesso risulta sottotono. Talvolta ci sono anche frustrazione e risentimento, perché la situazione perdura già da diverso tempo.

E i clienti quanto sono preoccupati?

I clienti chiaramente non mostrano comprensione per la nostra situazione. Abbiamo clienti molto fedeli e di lunga data che hanno il diritto di capire cosa sta succedendo nella nostra banca. La cosa che interessa loro di più è come abbia potuto verificarsi una tale concatenazione di problemi in Credit Suisse. La nostra reputazione ne ha sofferto molto, ma d'altro canto mi rassicura il fatto che gran parte della clientela sia soddisfatta dei consulenti che li segue e delle soluzioni che offriamo.

E che cosa dice a chi mostra incertezza?

Un dato importante è che l'entità svizzera della banca sta lavorando bene. Nel 2021 ha registrato un risultato record. E anche quest'anno abbiamo raggiunto un risultato semestrale di tutto rispetto pari a 648 milioni di franchi.

«Nel complesso non siamo in cima alla lista delle priorità di cambiamento»

Questi dati, uniti alla qualità dei nostri collaboratori, sono già una base solida per i clienti, che oltretutto in molti casi sono affiancati dagli stessi consulenti da anni o decenni.

L'entità svizzera della banca, fiore all'occhiello in termini di redditività, sarà dunque meno colpita dai tagli miliardari annunciati per il Gruppo?

In un anno normale, la Svizzera copre una quota pari a un terzo dell'intero Gruppo. Stiamo raccogliendo ora i frutti delle misure che dal 2016 hanno reso l'entità svizzera più efficiente e più orientata alla crescita. Infatti, abbiamo potuto incrementare costantemente gli investimenti e il numero dei collaboratori anche quest'anno. L'entità svizzera è sana e redditizia.

«Entro la fine dell'anno, ci aspettiamo oltre 200 000 clienti sulla piattaforma CSX»

Al tempo stesso, vogliamo diventare sempre più efficienti, anche per finanziare i nostri investimenti. Di conseguenza, nel quadro del programma di contenimento dei costi, anche noi dovremo risparmiare, ma nel complesso non siamo in cima alla lista delle priorità di cambiamento.

Credit Suisse ha una posizione di mercato forte in Svizzera. Dove vede opportunità di crescita ancora non sfruttate?

Sul mercato svizzero operiamo da un lato nel settore «High Touch», che comprende i clienti privati facoltosi e molto facoltosi, le imprese di medie e grandi dimensioni come pure i clienti istituzionali. In questo segmento di mercato medio-alto puntiamo ad affermarci come leader.

«Non parlerei tanto di cantiere»

Sul mercato in generale invece, dove aumenta la richiesta di servizi telefonici o digitali da parte dei clienti, per la prima volta da anni siamo in grado di ampliare la clientela, sia commerciale che privata. Per esempio, entro la fine dell'anno, ci aspettiamo oltre 200 000 clienti sulla piattaforma CSX.

In che misura le filiali sono interessate da questo maggiore orientamento verso i canali digitali?

In Svizzera siamo stati pionieri in questo campo, quando abbiamo iniziato a snellire la nostra rete di filiali a partire dal 2014. Ma non si deve semplicemente guardare al numero di sedi: le attuali 109 filiali propongono un’offerta più ampia del passato e il profilo dei ruoli dei collaboratori è in costante espansione.

Quali sono le principali attività attualmente in cantiere?

Non parlerei tanto di «cantiere», ma piuttosto di un potenziale aggiuntivo che deve essere sfruttato. Dopo la creazione del nostro settore Personal & Business Banking e la fusione con Neue Aargauer Bank nel 2020, è necessario compiere nuovi passi nel business in senso lato per digitalizzare ulteriormente l'offerta e meglio integrarla nei servizi di consulenza personale.

Inoltre, la piattaforma CSX, al momento utilizzata principalmente per l'apertura di conti e carte di credito, sarà via via ampliata con prodotti di investimento, finanziamento e previdenza.

E sui nuovi temi d’investimento cosa può dirci?

Per quanto riguarda l'applicazione dei principi ESG, in Svizzera siamo già molto avanti sul fronte degli investimenti, mentre si rileva un certo ritardo sotto il profilo dei finanziamenti - stiamo lavorando per colmare questi gap. Il settore dei valori patrimoniali digitali è ancora in fase piuttosto iniziale. In questo ambito, tuttavia, potrebbero emergere innovazioni altrettanto radicali come lo è stato, a suo tempo, lo sviluppo dei fondi d’investimento e degli exchange traded fund.

Quali sono gli sviluppi nel settore della clientela privata in Svizzera?

Attualmente, la maggior parte dei circa 1,5 milioni di clienti svizzeri viene seguita dal servizio Personal & Business Banking. In questo ambito, la percentuale di servizi digitali aumenterà in una certa misura, mentre i servizi personali resteranno nelle filiali.

Nel Private Banking stiamo investendo molto in un’offerta di pianificazione finanziaria completa, in particolare per la generazione dei «baby boomer», e promuoviamo la collaborazione con il Corporate Banking in linea con il nostro posizionamento come «banca per gli imprenditori».

L'abbandono del progetto di adozione dei robo-advisor Wealthfront da parte di UBS è l'esempio più recente che la trasformazione digitale, per un gestore patrimoniale classico, è tutt'altro che una passeggiata. Molte banche finiranno per soccombere all’avvento delle fintech in questo mondo?