Mediobanca, assemblea rinviata: si complica la partita
Un rinvio inatteso e carico di implicazioni: l’assemblea Mediobanca che doveva segnare il confronto decisivo tra Alberto Nagel e i suoi oppositori è stata posticipata al 25 settembre. Dietro la decisione si cela un intreccio di strategie, tensioni azionarie e nuovi sviluppi nel risiko bancario italiano.
Il mondo bancario italiano, un tempo soprannominato «la foresta pietrificata» per la sua immobilità, vive oggi una stagione di colpi di scena degni di una telenovela. L’assemblea di Mediobanca, attesa come lo showdown tra l’amministratore delegato Alberto Nagel e i suoi storici oppositori, è stata rinviata a sorpresa al prossimo 25 settembre.
A questo punto, come nelle migliori saghe finanziarie, bisogna interrogarsi sulle vere ragioni che hanno portato il management a convocare d’urgenza un consiglio di amministrazione straordinario per decidere il rinvio. La decisione rappresenta un’inversione rispetto al netto rifiuto di poche settimane fa alla richiesta di rinvio avanzata dal socio e oppositore Francesco Gaetano Caltagirone.
l peso (in ritardo) di Generali
Il cambio di rotta sarebbe stato innescato dalla constatazione che molti soci di Mediobanca sono anche azionisti di Generali, la cui valutazione sull’offerta avanzata da Piazzetta Cuccia non era ancora disponibile. L’operazione in discussione prevede lo scambio del 13% di Generali contro il 100% di Banca Generali, il cui controllo (50,01%) è in mano proprio al Leone triestino.
Nella nota che annuncia il rinvio, Mediobanca precisa che alcuni soci hanno chiesto esplicitamente di conoscere il parere ufficiale di Generali prima di votare. Solo giovedì 12 giugno – a ridosso dell’assemblea prevista per il 16 – Generali ha comunicato per la prima volta di aver avviato un’analisi interna dell’offerta.
Più tempo per decidere
Il rinvio è stato quindi motivato dalla necessità di dare agli azionisti di entrambe le società tempo sufficiente per valutare il razionale industriale e finanziario della proposta. Mediobanca ribadisce nella nota la validità strategica dell’operazione, volta a creare un leader italiano nel wealth management.
Il consiglio d’amministrazione della banca ha così deciso di attendere l’esito delle valutazioni di Generali prima di rimettere la questione ai voti, in linea anche con le richieste di parte della compagine sociale.
Il timore della sconfitta
Ma oltre alle spiegazioni ufficiali, si intravede anche un’altra motivazione più tattica: la paura di perdere la conta dei voti. Nelle ore precedenti all’assemblea, infatti, era emersa l’esistenza di un pacchetto azionario superiore al 12% che con tutta probabilità non avrebbe sostenuto la proposta di Nagel.
Caltagirone ha ormai portato la sua quota attorno al 10%, mentre fondi come Enpam, Enasarco e Cassa Forense – tutti ritenuti vicini al suo fronte – hanno rafforzato le loro posizioni. A complicare il quadro, la presenza crescente di Unicredit, che tra partecipazioni dirette e indirette detiene circa il 4% di Mediobanca.
Un’estate bollente per la finanza italiana
Il rinvio apre ora a nuove incognite. All’orizzonte si profila l’offerta pubblica di scambio annunciata da Monte dei Paschi su Mediobanca, prevista per inizio luglio. Tuttavia, manca ancora il via libera della BCE e la Procura di Milano ha aperto un’indagine sul trasferimento del 15% del MEF a un gruppo di investitori guidati da Caltagirone, Delfin, Anima e Banco BPM.
In questo scenario di incertezza, le speranze di Nagel si giocano su due fronti: nel breve termine, sull’esito dell’indagine giudiziaria; nel medio, sulla capacità di convincere gli astenuti di oggi a trasformarsi nei sostenitori di domani.