L'acquisizione del Credit Suisse da parte della banca è in realtà una fusione forzata. Sebbene sia la banca che il governo abbiano fatto del loro meglio per ridurre i rischi futuri, ora è molto più esposta alle minacce dell’attuale volatilità.

«Ringraziamo UBS», ha dichiarato domenica il ministro delle Finanze svizzero Karin Keller-Suter all'annuncio dell'accordo tra le due maggiori banche del Paese. Successivamente, il presidente dell'istituto adeguatamente ringraziato, Colm Kelleher, ha affermato che «questa acquisizione offre enormi opportunità».

Da una parte, nella migliore interpretazione, il suo commento potrebbe essere visto come un salvifico balsamo a questo epilogo molto amaro, come si evinceva dal sorriso teso sul volto di Axel Lehmann, ancora presidente di Credit Suisse. Dall’altra, Kelleher aveva un’espressione impassibile, con la testa rivolta verso il basso. Era solo la «faccia da poker» di un veterano di Wall Street? O piuttosto l'espressione di un disappunto per una soluzione che non è altro che una fusione forzata?

A protezione degli interessi svizzeri

Questa operazione è stata viziata fin dall'inizio. Il governo, la Banca nazionale svizzera (BNS) e l'Autorità di vigilanza sui mercati finanziari (Finma) hanno dato priorità agli interessi del Paese. Hanno dovuto cioè garantire in primis la stabilità dell'economia e del sistema finanziario nazionale.

Sciogliere e liquidare la banca, sostiene Keller-Sutter, avrebbe potuto innescare una crisi finanziaria. Qualsiasi tentativo da parte del governo di salvare il Credit Suisse, assumendone temporaneamente la proprietà, avrebbe esteso fino all'assurdo il quadro «too big to fail» in vigore in Svizzera dal 2008. L'unica opzione rimasta era un'acquisizione privata assistita dal governo, e l'unica istituzione in grado di farlo era UBS.

Garanzie gigantesche

Quanto questa fusione o acquisizione possa risultare scomoda per UBS, risulta chiaro dalle enormi garanzie ricevute. Infatti, oltre ai 54 miliardi di dollari di linee di credito a breve termine messe a disposizione del Credit Suisse settimana scorsa, è stato annunciato un «Public Liquidity Backstop» (PLB) tre volte più grande per consentire a UBS di acquisire Credit Suisse.

Il governo garantirà anche perdite fino a quasi 10 miliardi di dollari su un portafoglio di derivati non ben precisato. Secondo Kelleher, sembrano essere posizioni problematiche che UBS avrebbe probabilmente liquidato in ogni caso ma sulle quali non è stato possibile effettuare un'analisi più approfondita e una valutazione dei rischi, dato il tempo estremamente ridotto per la due diligence.

Rischi nascosti

UBS potrebbe pentirsi dell’investimento. Non ha avuto tempo sufficiente per valutare a fondo la situazione. e molti sospettano che il Credit Suisse, travolto dallo scandalo, abbia ulteriori rischi nascosti. Questo è stato probabilmente uno dei motivi per cui l'istituto non ha trovato acquirenti nonostante una valutazione sempre più interessante, specialmente dopo che il prezzo delle azioni ha iniziato a calare vertiginosamente.

Anche UBS non era interessata, sebbene tre anni fa avesse avviato un'operazione di fusione con la sua controparte svizzera nell'ambito del cosiddetto progetto «Signal».

Ora la più grande banca svizzera sta semplicemente cercando di limitare il più possibile i rischi finanziari. L'offerta di poco più di un miliardo di dollari, indicata inizialmente, non si è concretizzata e la banca ha finito per pagare oltre 3 miliardi di dollari, pari a 76 centesimi per azione.

Sebbene si tratti di una cifra molto superiore all'offerta iniziale di 25 centesimi per azione, è comunque parecchio inferiore al prezzo di chiusura di Credit Suisse di venerdì, che era 1,86 franchi. Alla conferenza, il presidente della BNS Thomas Jordan ha dichiarato che per gli azionisti della banca è comunque meglio di niente.

Il tempo per digerire

Ma chi detiene azioni UBS potrebbe accusare qualche contraccolpo sui mercati lunedì. Data la volatilità del contesto in cui si trovano le azioni bancarie, è difficile capire dove finirà la vicenda attuale.

UBS ha anche dichiarato che prevede che l'acquisizione avrà un impatto positivo sugli utili per azione al più tardi entro il 2027. Il che significa che la banca dovrà digerire l'ex rivale per i prossimi quattro anni.

Si tratta di quell’arco temporale in cui la banca aveva programmato di far crescere la propria attività di gestione patrimoniale e di investire nella digitalizzazione, offrendo agli azionisti dividendi più alti e buyback generosi. E ora non si sa che fine faranno questi piani.

Da domenica però una cosa è certa. Non ci sono vie di fuga per UBS che non può che andare avanti. Come ha dichiarato Kelleher, «non ci sono alternative».